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AGGIORNAMENTO AL 6/1/2025

Il 31 dicembre 2024, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge n. 207/2024, recante il “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027”, entrata in vigore il 1° gennaio 2025.

In merito alla tassazione delle cripto-attività, il testo definitivo introduce le seguenti novità:

Aliquota fiscale:

  • Per l’anno fiscale 2025, l’aliquota sulle plusvalenze derivanti da cripto-attività rimane al 26%, scongiurando l’aumento al 42% inizialmente proposto.
  • A partire dal 1° gennaio 2026, è previsto un incremento dell’aliquota al 33%.

Soglia di esenzione:

Dal 1° gennaio 2025, viene eliminata la soglia di non imponibilità di 2.000 euro. Di conseguenza, tutte le plusvalenze, indipendentemente dall’importo, saranno soggette a tassazione e agli obblighi dichiarativi.

Queste modifiche rappresentano un compromesso rispetto alle iniziali proposte più gravose, ma comportano comunque un aumento della pressione fiscale sul settore delle cripto-attività.

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Negli ultimi anni, il settore delle criptovalute ha rappresentato un’area di forte innovazione tecnologica e finanziaria, aprendo nuove prospettive per investitori, imprese e Governi.
Tuttavia, in Italia, l’atteggiamento nei confronti di questo fenomeno sembra assumere una direzione in controtendenza rispetto al panorama internazionale.

La recente proposta del Governo Italiano di aumentare l’aliquota fiscale sulle plusvalenze da cripto-attività al 42% ha suscitato un acceso dibattito.
Da un lato, la misura viene giustificata come un tentativo di equiparare il trattamento fiscale delle criptovalute a quello di altri strumenti finanziari tradizionali, con l’obiettivo dichiarato di aumentare le entrate pubbliche. Dall’altro, questa decisione rischia di penalizzare un settore già fragile nel nostro Paese, spingendo molti operatori e investitori a cercare rifugio in giurisdizioni più accoglienti.

La situazione appare ulteriormente complessa alla luce delle divisioni interne all’attuale Governo, con alcuni esponenti che hanno espresso perplessità sulla misura e sulla sua effettiva efficacia. Allo stesso tempo, altri Paesi stanno adottando politiche più favorevoli o addirittura esentano le cripto-attività dalla tassazione, con l’obiettivo di attrarre investimenti e promuovere l’innovazione.

Questo articolo intende fare il punto sulla situazione, esaminando le motivazioni alla base della proposta italiana, le divisioni politiche interne, e confrontandola con le politiche adottate da altri Stati, per riflettere sul futuro del settore in Italia e nel contesto globale.

La proposta del Governo: Aliquota al 42%

Origini e obiettivi della misura

La proposta di aumentare l’aliquota fiscale sulle plusvalenze derivanti dalle cripto-attività al 42% è stata introdotta nell’ambito della Legge di Bilancio 2025.
L’obiettivo dichiarato dal Governo è duplice: da un lato, incrementare le entrate fiscali in un momento di necessità per i conti pubblici; dall’altro, uniformare il trattamento fiscale delle criptovalute a quello degli strumenti finanziari tradizionali.

La misura si applica alle plusvalenze generate da cessioni, permute e detenzione di cripto-attività superiori a 2.000 euro in un anno fiscale. La Relazione Tecnica (RT) stima che tale misura potrebbe generare un gettito aggiuntivo di circa 16,7 milioni di euro annui, una cifra che, se confrontata con il potenziale danno economico per il settore, sembra limitata.

Tassazione crypto al 42% entrate previste.

Le dichiarazioni ufficiali: chi è a favore e chi è contrario

L’introduzione della misura ha evidenziato divergenze significative tra i membri dell’attuale esecutivo:

Maurizio Leo, viceministro dell’Economia, ha difeso la proposta, sottolineando che le criptovalute rappresentano una fonte di guadagno importante e che è necessario tassarle in modo adeguato per garantire equità fiscale.
Leo ha dichiarato: “L’aliquota al 42% è in linea con la progressività fiscale italiana e punta a colmare un vuoto normativo nel settore.”

D’altro canto, esponenti della Lega come Giulio Centemero hanno definito la misura controproducente, sostenendo che rischia di spingere gli investitori verso altri Paesi più favorevoli, danneggiando l’ecosistema italiano. “Una tassazione così elevata è una fuga in avanti. Rischiamo di spegnere un settore che potrebbe rappresentare un’opportunità per il nostro Paese.”

Anche il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si è mostrato possibilista su una revisione della proposta, lasciando intendere che ci potrebbero essere margini per una maggiore flessibilità: “Serve un approccio equilibrato che non penalizzi eccessivamente chi investe in innovazione.”

Queste divisioni riflettono non solo una diversa visione delle priorità fiscali, ma anche l’assenza di una strategia chiara e condivisa sul ruolo che l’Italia vuole giocare nel panorama delle cripto-attività.

Il confronto internazionale

Stati che promuovono politiche crypto-friendly

Mentre l’Italia discute una tassazione al 42% sulle plusvalenze da cripto-attività, numerosi Paesi stanno adottando politiche fiscali più leggere, con l’obiettivo di attrarre investimenti e diventare hub per l’innovazione tecnologica.

Portogallo: Fino a poco tempo fa, le criptovalute erano completamente esenti da tassazione. Sebbene il Paese abbia recentemente introdotto un’imposta del 28% sulle plusvalenze derivanti da cripto-attività detenute per meno di un anno, rimane comunque un ambiente fiscale favorevole grazie a esenzioni per i piccoli investitori e a un regime agevolato per i residenti non abituali.

Svizzera: Considerata una delle nazioni più avanzate in materia di regolamentazione crypto, la Svizzera offre un quadro fiscale chiaro e stabile. Le plusvalenze ottenute da individui privati sono generalmente esenti da imposta, mentre le attività commerciali sono tassate in base al reddito aziendale.

Singapore: Qui le criptovalute non sono soggette a tassazione sulle plusvalenze. Il Paese si posiziona come leader globale nell’attrarre aziende blockchain grazie alla sua combinazione di zero tassazione sulle cripto-attività e un solido quadro regolamentare.

Germania: Nonostante una tassazione più articolata, le criptovalute detenute per almeno un anno sono completamente esenti da imposta sulle plusvalenze, incentivando il possesso a lungo termine e l’investimento responsabile.

Il contesto europeo

In Europa, non esiste ancora un quadro normativo unico per la tassazione delle cripto-attività, lasciando agli Stati membri ampio margine di manovra. Tuttavia, la proposta del Regolamento MiCA (Markets in Crypto-Assets) punta a uniformare alcune regole chiave per la gestione e l’uso delle criptovalute nel mercato unico.

Paesi come la Francia e l’Estonia stanno bilanciando il bisogno di regolamentazione con l’attrattività fiscale. La Francia, ad esempio, applica un’aliquota fissa del 30% sulle plusvalenze crypto, inclusiva di tasse sociali, mentre l’Estonia ha adottato una tassazione semplificata per le transazioni crypto, promuovendo la trasparenza fiscale.

Il rischio per l’Italia

La proposta italiana di tassare le cripto-attività al 42% appare particolarmente gravosa se confrontata con queste politiche. Non solo rischia di spingere gli investitori italiani verso giurisdizioni più accoglienti, ma potrebbe anche scoraggiare l’insediamento di imprese blockchain e startup innovative nel Paese.

In un contesto in cui molti Stati competono per attrarre talenti e investimenti in ambito tecnologico, una tassazione così elevata può essere percepita come un segnale di chiusura, piuttosto che di apertura e innovazione.

Un appello a riconsiderare le misure per favorire l’attrattività del Paese

L’Italia si trova davanti a un bivio cruciale: adottare misure che stimolino l’innovazione e l’attrattività del settore tecnologico, o imporre restrizioni fiscali che rischiano di relegarla ai margini dello sviluppo globale. La tassazione al 42% sulle plusvalenze da cripto-attività, seppur giustificata da esigenze di bilancio, potrebbe trasformarsi in un boomerang economico e reputazionale.

Altri Paesi hanno dimostrato che un approccio più favorevole e bilanciato non solo aumenta gli investimenti, ma contribuisce anche a creare ecosistemi tecnologici in grado di attrarre imprese, talenti e innovazione. Misure meno punitive potrebbero incentivare gli operatori italiani a emergere nel mercato globale, anziché cercare rifugio all’estero.

La necessità di un confronto aperto con le parti interessate

Questa misura fiscale, adottata senza un ampio confronto con gli operatori del settore, rischia di ignorare le dinamiche e le esigenze specifiche del mercato delle cripto-attività. Un dialogo aperto con associazioni di categoria, startup, investitori e consulenti fiscali potrebbe portare a soluzioni più equilibrate, che rispettino sia le esigenze del bilancio pubblico sia il bisogno di stimolare innovazione.

Alcune proposte concrete potrebbero includere:

  • Una tassazione progressiva più proporzionata, che differenzi tra investitori istituzionali e piccoli investitori privati.
  • L’introduzione di esenzioni o agevolazioni fiscali per chi investe in cripto-attività a lungo termine.
  • La creazione di un quadro regolatorio chiaro che, oltre alla fiscalità, consideri la tutela degli investitori e la promozione dell’adozione tecnologica.

Un confronto costruttivo potrebbe rappresentare un’opportunità per trasformare l’Italia in un centro di eccellenza per l’innovazione digitale, senza rinunciare alla necessità di regolare e tassare un settore in crescita.

In un mondo sempre più competitivo, non possiamo permetterci di perdere l’occasione di contribuire alla costruzione del futuro.
Serve coraggio politico per riconsiderare scelte che rischiano di spegnere il potenziale di innovazione di un intero settore.


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